Andrea Zamurri: "La forza è nel gruppo, ora puntiamo ai Nationals"

Una stagione da record, con un sogno nel cuore. Andrea Zamurri da Rieti, classe 1998, è uno studente-atleta della Northwest Missouri State University. Ci siamo fatti raccontare come stanno andando le cose negli States, dall’arrivo al college agli obiettivi futuri.

“Mi sono avvicinato al tennis perché papà giocava – racconta Andrea – e aveva una grande passione. Da piccolino mi capitava spesso di vederlo all’opera durante i tornei e ho deciso di provare. Le prime esperienze, i primi allenamenti e soprattutto le prime partite mi sono piaciute tantissimo: da quel momento in poi non l’ho mollato più.

Ho deciso di trasferirmi negli Stati Uniti durante la primavera del 2019. Appena finito il liceo ho tentato di allenarmi con costanza, mattina e pomeriggio, per un anno intero. Cercare di entrare nelle qualificazioni dei tornei ITF iniziava ad essere dispendioso dal punto di vista economico, senza contare che avevo voglia di studiare e ho compreso presto che il desiderio di far combaciare entrambe le cose sarebbe stato tutt’altro che semplice. Il connubio giusto non poteva che essere il college e in un attimo ho capito che sarei voluto volare negli States. Il confronto con gli amici già dall’altra parte dell’oceano e la conoscenza di StAR hanno fatto il resto. Università? La Northwest Missouri State University, a Maryville, era quella con il livello tennistico più alto e mi offriva la migliore borsa di studio”.

Come accade a molti ragazzi, i primi tempi sono sempre i più duri. “Arrivato lì non è stato facile ambientarsi – prosegue “Zegrappino” – devo ammetterlo. Facevo fatica a comunicare ed il pensiero di essere ad oltre 8000 km da casa non mi lasciava sereno. Dalle classi agli allenamenti, fino alla vita fuori dal college: devi entrare nell’ottica di aver cambiato vita a 360° e trovare presto il coraggio di affrontare una svolta, una nuova sfida. Archiviato il primo mese è cambiato tutto, ho trovato gli stimoli giusti e il desiderio di spingermi al di là della mia zona di comfort. In divisione due siamo considerati studenti – atleti ma la priorità è senza dubbio allo studio. Ci alleniamo due ore al giorno, meno rispetto a quanto avrei potuto fare in Italia in una accademia, per cinque giorni alla settimana. Quanto alla preparazione atletica c’è attenzione e una diversa suddivisione dei carichi a seconda della stagione. Il lavoro in campo è diverso, si colpiscono molte palle e c’è una minor pressione sull’aspetto tattico”.

Dalla Conference ai Nationals, passando per i Regionals. “La scorsa settimana abbiamo vinto il torneo della Conference, un traguardo che mancava da ben cinque anni e che ci riempie di orgoglio. In questa stagione sono ancora imbattuto, con 17 vittorie all’attivo e ho vinto il premio di freshman dell’anno. Sto giocando bene e anche il gruppo sta davvero andando alla grande. Dobbiamo continuare su questa strada e ci toglieremo altre soddisfazioni. Vogliamo raggiungere i Nationals, passando dai Regionals che ci attendono questo weekend. Arriviamo da favoriti e puntiamo dritti al bersaglio grosso.

In generale è un’esperienza che consiglio assolutamente e mi pento di non essere partito prima. In Italia laurearsi in tempo mentre si continua a fare sport ad alto livello è pressoché impossibile. Negli USA migliori, vivi la competizione e chiudi il tutto con una laurea. Torni a casa con una lingua nuova nel bagaglio culturale, acquisti responsabilità ed il significato di “gruppo”. Non esiste più l’io, esiste il noi. Una cosa del genere ti resta addosso tutta la vita”.

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