Giulia Guidetti: "Si cresce fuori dalla comfort zone"

Studiare e realizzarsi, insieme alla passione sfrenata per il tennis. Giulia Guidetti, classe 1994 da Sassuolo, ha scelto gli Stati Uniti per conciliare il tutto. La laurea in General Business conseguita alla Wichita State University, Kansas, è il coronamento di un percorso che inizia da lontano.

“Ho iniziato a giocare a tennis all’età di sei anni – racconta Giulia – ed è sempre rimasta una delle mie grandi passioni. I primi passi li ho mossi al Club La Meridiana, dove sono rimasta fino al 2012, prima di spostarmi allo Sporting Club Sassuolo. È quello il periodo in cui ho maturato in via definitiva la decisione di andare al college e di trasferirmi negli Stati Uniti d’America. Probabilmente è una scelta che ho fatto in ritardo rispetto alla media, difficilmente accade al termine della quinta superiore. Non avevo mai considerato questa opzione fino a quando una mia amica, che già si trovava alla Wichita State University, mi ha convinta del tutto a fare il grande passo. Per un anno ho frequentato la facoltà di economia a Modena, continuando a disputare tornei con qualche difficoltà, poi ad agosto del 2014 sono volata in Kansas per studiare General Business”.

Un nuovo mondo, una nuova avventura. Giulia arriva negli States pronta a cominciare da zero. “Volevo giocare a tennis a tutti i costi, senza mai sacrificare lo studio e la formazione a livello professionale. Ero tesa, lo ammetto, ma allo stesso tempo ero certa che fosse l’unica possibilità. L’impatto è stato scioccante, senza ombra di dubbio, perché davvero devi fare i conti con una cultura diversa. Tutto è enorme, dal campus universitario fino al supermercato e alle palestre. Lo sport in ambito accademico ha un peso specifico notevole, cosa che qui da noi non accade. La lingua? È stata dura, si, ma dopo qualche mese ero già in grado di farmi capire senza problemi. Per un semestre ho seguito un corso intensivo di inglese da sei ore al giorno che mi ha aiutata tantissimo, la quotidianità ha fatto il resto”.

E gli allenamenti? Lo spirito di squadra, ancora una volta, è l’aspetto fondamentale. “Di base si va a scuola al mattino – prosegue Giulia – anche se la scelta è modulabile sulla base delle proprie esigenze. Dopo pranzo ci si sposta in campo per circa tre ore e poi si torna in stanza a studiare. Nulla è lasciato al caso, dal rapporto con gli insegnanti alle modalità di esame. Lo studente-atleta è messo sempre nelle migliori condizioni per rendere al massimo. La differenza con il sistema italiano è che c’è molta più attenzione al team nel suo complesso; a livello individuale si fa tanto cesto e ci si focalizza meno sulla parte tecnica e maggiormente sulla sostanza. I miei quattro anni in Kansas sono stati quelli in cui l’università ha avuto i migliori risultati. Personalmente mi sono tolta diverse soddisfazioni che porterò nel cuore a lungo, la laurea su tutte”.

Il bilancio, nel complesso, non può che essere positivo. “È una esperienza che consiglierei a tutti. Vuoi o non vuoi sei costretto a crescere, ad uscire dalla confort zone e a responsabilizzarti. Il livello degli sportivi è sempre più alto e si possono raggiungere traguardi importanti. Tornassi indietro lo rifarei”.

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